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Gattuso al Napoli e il retroscena su Jorge Mendes

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Il ruolo del superagente è stato decisivo nella scelta di Ringhio al posto di Ancelotti: la panchina azzurra è la sua grande occasione

Gattuso al Napoli e il retroscena su Jorge Mendes

Ha il fuoco dentro, altrimenti non lo chiamerebbero Ringhio. La legge di Gattuso è questa: vai dove ti portano le convinzioni, non semplicemente il cuore. Il Napoli è una convinzione, una conversione totale. Dal suo punto di vista, il giusto premio dopo la sofferenza dell’addio al Milan. Sofferenza per quello che pensava di aver fatto, la Champions a un passo, malgrado una squadra non irresistibile e forse neanche mediamente forte. Gattuso ne aveva fatto una questione di principio: ribalto tutto, respingo tutto, fino a quando non arriverà il momento di dire sì. Il Napoli sarebbe la giusta sintesi di cinque mesi abbondanti vissuti così.

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Gattuso ha rifiutato il Genoa, la Samp e la Cina

Se fosse stato “alleno tanto per allenare”, oggi lo vedremmo sulla panchina del Genoa. Niente. Oppure su quella della Samp, Ferrero si è sbattuto senza limiti. «Quasi quasi accetto, mi ha fatto una grande impressione», sussurrò Ringhio ai suoi amici più intimi parlando del presidente che aveva lasciato Genova e Roma, parcheggiando a Gallarate per parlargli della Samp «una figlia, dammi una mano che sono disperato e tu puoi regolarmi la scossa». Già, la scossa. Il Napoli renderebbe giustizia al suo modo di vedere e vivere le cose. Dopo la Samp, ha respinto la Cina che si era materializzata fino a pochi giorni fa, proprio a ridosso delle festività, per un programma ambizioso da gennaio.

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Gattuso e il ruolo di Jorge Mendes

Gattuso si fida di poche persone, una è Jorge Mendes. Ha trascorso l’intera estate tra Spagna e Portogallo, si metteva in auto e macinava chilometri per fargli visita. Si beccava lezioni di stile, di vita, di strategia, di filosofia. Mendes gli ha sempre raccomandato: «Non prendere tanto per prendere, se pensi di farlo subito sbagli perché sei un fascio di nervi e di pericoloso istinto, devi riflettere». Gli hanno fatto bene quelle parole, il vademecum dell’attesa serena. E le notti in chiaroscuro rossonero, il suo vero e unico amore calcistico, possono presto trasformarsi in un’alba napoletana. Ancelotti è suo fratello, nulla toglie che si siano già parlati, nell’intimità che resta tale. Ancelotti era quello da prendere affettuosamente a schiaffi per festeggiare un gol del Milan: intimità, appunto. Ancelotti è un consiglio al minuto, partita di sola andata, appunti da prendere e da lasciare a Mendes quando si è materializzato il contatto con De Laurentiis. La traccia: Napoli è una piazza unica, non c’è da indugiare o da riflettere, importante è non pensare che lui sia o sarebbe l’eventuale traghettatore dopo Carlo. Sarebbe come un rinnegare l’attesa di mesi e mesi. Ma come, aspetto e mi sbatto, e poi mi consegno per cinque mesi? I soldi non contano, davvero per lui, visto che li ha lasciati al Milan per garantire il pagamento ai suoi collaboratori. Ma se Gattuso, Napoli o non Napoli, accettasse sei mesi di lavoro, significherebbe evitare di mettersi in tuta per dirigere il primo allenamento. E’ una questione di motivazioni, di fuoco che si accende soltanto se non è un semplice falò.

Gattuso, no anche alla Fiorentina

Per questo, nel bel mezzo delle suggestioni, e forse non solo quelle con la Fiorentina, Gattuso ha preferito tirarsi fuori. Stima Commisso, ha apprezzato le parole, ma mettere due piedi dentro una pantofola non appartiene al suo modus vivendi. Quindi, la soluzione è quella di giocarsi l’attesa per Napoli e per il Napoli, è anche un modo per sentirsi a posto con la coscienza e per mantenere il barometro verso una sola destinazione. La sua fortuna, l’ha sempre ammesso, è quello di avere un altro fratello acquisito dentro lo staff. Si chiama Gigi Riccio, non hanno bisogno di parlarsi per capirsi, un gesto diventa manifesto. E magari hanno memorizzato, con un semplice sguardo, che aspettare l’alba di Napoli – chiara o scura vedremo – valga molto più di qualsiasi altra tentazione.

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