Fonte: NapoliMagazine
NAPOLI – Duole dirlo, odio parlare degli arbitri, ma in questo caso è impossibile non farlo. Come fu a Pechino, anche a Riyadh, il Napoli si è visto scippare la Supecoppa italiana da più che assurde decisioni arbitrali. All’epoca ci pensò Mazzoleni, che interpretò da “madrelingua” macedone una frase non offensiva di Pandev, stavolta invece ci ha pensato Rapuano, sventolando due cartellini gialli ad uno dei calciatori più corretti di sempre, il “Cholito” Simeone, (il primo dei quali totalmente inesistente) dopo aver utilizzato un metro di giudizio totalmente a favore dell’Inter nel primo tempo. Insomma, un disastro! L’ennesimo! Anche perchè nemmeno i collaboratori del direttore di gara hanno proferito parola. Verrebbe da chiedersi che senso ha parlare di calcio, perchè l’aspetto tecnico passa del tutto in secondo piano dinanzi ad ingiustizie simili. Però, ci provo, per il rispetto che ho verso i nostri lettori, anche se la voglia non è tanta. Mazzarri, anche stavolta, era riuscito ad imbrigliare la partita. Giusta la disposizione tattica con la difesa a tre, e rischi pari quasi a zero corsi dalle parte di Gollini. Certo, Simeone è apparso un pò troppo isolato lì in attacco, e Kvaratskhelia continua ad essere l’ombra di se stesso, ma in una finale se il risultato è in bilico il guizzo può sempre verificarsi, senza dimenticare che in estrema ipotesi c’erano pur sempre i rigori dietro l’angolo essendo stati aboliti per l’occasione i tempi supplementari. Per quello che si è visto, con la difesa che ha retto, il centrocampo l’ha tenuto in piedi il solito Lobotka, con la gentile e lieve collaborazione di Zerbin e Mazzocchi, mentre Cajuste portava a spasso palla in zone pericolosissime della mediana invasa da Barella. Verrebbe da chiedersi come mai Calhanoglu sia stato graziato varie volte per tutto il primo tempo, così come Acerbi e Mkhitaryan, ma non vorrei urtare troppo la suscettibilità degli amanti a tutti i costi della tattica. Per cui, veniamo alle sostituzioni a gara in corso di Mazzarri, che possono essere discusse fino ad un certo punto dato che nel tempo regolamentare ha avuto ragione: personalmente pur non apprezzando il momento psico-trascendentale di Kvara, credo che non essendoci grande scelta, probabilmente sarebbe stato più opportuno tenerlo in campo, essendo orfani da tempo di gente come Osimhen e Anguissa. Raspadori, poi, seppur necessario in quel frangente del match, ha fluttuato impalpabilmente in attacco, per cui nella mischia (anzichè Gaetano e Lindstrom che, “palombella” a parte, continua a restare un punto interrogativo) avrei gettato più Ngonge e Zielinski, per essere del tutto sinceri. E lo stesso Demme, che era risultato decisivo con quella zampata recente per la rete di Rrahmani contro la Salernitana. De gustibus. Nonostante tutto, va ribadito che il gol di Lautaro è arrivato al 91°, in pieno recupero. Per cui la “corazzata” Inter, tanto insormontabile non è se perfino un Napoli in 10 per oltre 30 minuti, rattoppato, e carico di assenze, riesce a metterla in evidente difficoltà. Sta di fatto che le avversarie in campionato latitano, per cui almeno questo è un segnale incoraggiante che la squadra, di qui in avanti, può solo recuperare il terreno perduto per riacciuffare il piazzamento Champions. Ai posteri l’ardua sentenza, intanto di questa Supercoppa estera resta essenzialmente una buone dose di vergogna da regalare in eterno a chi non ha permesso di godere una finale equilibrata nell’Arabia fischiante il minuto di silenzio per il compianto Gigi Riva (per motivi culturali secondo cui lì non si resta in silenzio per commemorare i morti). Motivo in più per tornare a disputare in Italia, tra i propri tifosi, un trofeo nazionale. Rombo di tuono, perdonali.